Il difficile finanziamento del welfare italiano “Chi paga?” e “Per quanto tempo ancora può pagare?”

– in un’analisi del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali  lo ‘stato’ e la ‘sostenibilità’ del nostro sistema di welfare –

Martedì 29 ottobre, nell’Aula dei Gruppi Parlamentari della Camera dei Deputati, in Via Campo Marzio a Roma, la Cida e il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali del Prof. Alberto Brambilla hanno presentato i risultati dell’Indagine (l’Undicesima) condotta da Itinerari con riferimento alle Dichiarazioni dei redditi a fini Irpef relative al 2022, presentate nel 2023 ed elaborate nel maggio di quest’anno.

L’obiettivo dichiarato del Convegno, non per altro titolato “Il difficile finanziamento del welfare italiano”, era quello di ‘verificare la sostenibilità finanziaria del welfare italiano e, in particolare, se le entrate da fiscalità generale [siano] sufficienti a finanziare la spesa per la sanità e per l’assistenza sociale a carico dello Stato, delle regioni e degli enti locali’

Dall’analisi sono emerse “scomode verità”: non è vero che il nostro sia un Paese oppresso dalle tasse, perché i veri oppressi sono pochi, meno del 20% della popolazione: la cui parte consistente, infatti, di tasse non solo ne paga in modo irrilevante ma è pure a carico totale della collettività a partire dalla spesa sanitaria.

Siamo quindi un Paese con un tasso di “redistribuzione” assai elevato, che grava eminentemente sui redditi sopra i 35mila euro lordi l’anno. E i cui percettori, inoltre, non beneficiano se non marginalmente di bonus, sgravi e agevolazioni, e poco beneficiano dei vantaggi (apprezzabili) connessi all’assegno per i figli a carico (AUUF). In un contesto in cui mancano controlli concludenti su una spesa assistenziale che cresce a tassi doppi rispetto alla spesa per pensioni.

Ma perché proprio noi, pensionati del Sindirettivo  – una, e non fra le maggiori, delle 10 sigle che aderiscono e configurano la Confederazione –  ci indugiamo a portare a conoscenza o, meglio, a richiamare alla consapevolezza degli iscritti i risultati del Convegno? sui quali, con speriamo-‘sofferto’ pudore, hanno solo sommessamene riferito i mezzi di grande informazione e taciuto, invece, gli esponenti e i commentatori politici sia di governo sia d’opposizione.

La risposta l’abbiamo già poc’anzi anticipata: poiché vogliamo che le ‘scomode verità’ emerse dal Convegno, e che a seguire cerchiamo di riproporre per ‘punti’ o ‘considerazioni’ estrapolate dalla Relazione del Prof. Brambilla, servano di sgravio del senso di colpa da alcuni percepito e dall’esterno sempre imputato ai percettori di trattamenti pensionistici medio o medio-alti,  rei  – nella rappresentazione di certi ‘opinionisti’ e certa stampa –  per il solo fatto (quei trattamenti) di percepirli, a prescindere dai meriti e dalla storia lavorativo-contributiva di ciascuno.  

‘Punti’ o ‘Considerazioni’ non nostre, ma esplicitate per l’appunto nel Convegno e che pur potendo, a volte, saper di risaputo, possono altre volte illuminare sulla linea di tendenza e sulla sostenibilità di un sistema di welfare che con noncuranza si dà da anni ‘per scontato’ e quindi, oggi e dai fruitori, ‘per dovuto’. Senza porsi, né gli ‘elargiti’ né gli elargitori, la domanda che dovrebbe essere la prima: su ‘chi paghi’ e su ‘per quanto tempo ancora’ chi oggi paga potrà farlo in modo socialmente sostenibile.

  • Il totale dei redditi prodotti nel 2022 e dichiarati nel 2023 ai fini IRPEF è ammontato a 970 miliardi, per un gettito IRPEF generato di 189,31 miliardi (di cui 169,59 miliardi, l’89,59%, di IRPEF ordinaria): valore in aumento del 6,3% rispetto allo scorso anno ma inferiore alla crescita del PIL nominale (+7,7%).
  • Crescono sia i dichiaranti (42.026.960, numero superiore addirittura a quello record del 2008)   sia i contribuenti/versanti, vale a dire coloro che versano almeno 1 €,  che toccanoquota 32.373.363.
  • Dall’Osservatorio di Itinerari Previdenziali ‘su spesa pubblica ed entrate’ sembrerebbe emergere un quadro in apparenza positivo,     se non fosse che, dati alla mano,

     . resta sostanzialmente invariata la quota di contribuenti che sostiene il Paese con    tasse e contributi, e  . di contro,

  . resta troppo alta la quota di cittadini totalmente o parzialmente a carico della   collettività.  

Di fatto, malgrado il miglioramento di PIL e occupazione,il 45,16% degli italiani non ha redditi e di conseguenza vive a carico di qualcun altro. Su 42 milioni di dichiaranti, poi, il 75,57% dell’intera IRPEF è pagato da circa 10 milioni di contribuenti, mentre i restanti 32 ne pagano solo il 24,43%.

  • Ma come garantire la sostenibilità del sistema di protezione sociale e, più in generale, di produttività e sviluppo del Paese, se il grosso del carico fiscale grava su una ristretta minoranza?

   Risponde, o meglio ‘commenta’, Stefano Cuzzilla, Presidente CIDA.  

Le dichiarazioni Irpef rese l’anno scorso fotografano una positiva tendenza dell’occupazione, che è tornata a crescere, e questo non può che farci piacere. Se aumenta il numero di contribuenti relativamente alle fasce medie significa che abbiamo maggiori speranze di garantire sostenibilità al welfare pubblico in futuro. Ecco perché è importante non tradire il ceto medio. Tassarlo oltre a quanto già non si faccia, proprio ora che inizia a rinfoltirsi, potrebbe avere effetti recessivi sull’intera dinamica”.

“Il motivo? Perché In Italia vale il principio che maggiore è il contributo fiscale, minori sono i servizi pubblici di ritorno. Quindi chi guadagna, ad esempio, dai 55.000 euro in su (oggi poco più del 5 % del totale) si fa carico da solo di circa il 42% del gettito fiscale e non riceve nulla in cambio. A peggiorare il quadro arriva la nuova Manovra, con tagli ai massimali delle detrazioni a partire dai 75.000 euro che, di fatto, rappresentano un aumento di tassazione per chi contribuisce di più. Si trasmette così un messaggio allarmante: che in Italia non conviene eccellere, produrre o innovare. Conviene, invece, evadere e occultare”.

  • Il difficile finanziamento del welfare italianoCome rilevato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, nel 2022 sono statati necessari 131 miliardi per la spesa sanitaria, oltre 157 per l’assistenza sociale e altri circa 3 miliardi per il welfare degli enti locali. Un conto totale di poco inferiore ai 300 miliardi che, in assenza di tasse di scopo (e cioè di tasse il cui gettito finanzia una specifica destinazione, come ad esempio accade per le pensioni – che sono in attivo al netto dell’IRPEF), viene finanziato attingendo alla fiscalità generale: a queste sole 3 voci di spesa sono state dunque destinate nell’ultimo anno di rilevazione pressoché tutte le imposte dirette IRPEF, addizionali, IRES, IRAP e ISOST e anche 23,77 miliardi di imposte indirette, in primis l’IVA. 

 «Negli ultimi 15 anni i redditi dichiarati sono aumentati del 21,44%, mentre la spesa per il welfare è cresciuta di circa il 38%, trainata soprattutto da quella assistenziale, il cui valore tende ormai ad avvicinarsi pericolosamente al gettito dell’IRPEF ordinaria.  Un onere, già oggi e ancora di più in futuro, molto gravoso da sostenere, che va a discapito di funzioni statali indispensabili allo sviluppo del Paese (come scuola, infrastrutture, investimenti in capitale e così via). Per il cui finanziamento si è da tempo imboccata la strada di un ‘debito’ che aumenta ogni anno, spaventosamente,  in una  totale indifferenza.

  • Redditi dichiarati e tipologie di contribuenti: un Paese di poveri?

Su una popolazione di 59.030.133 cittadini residenti sono 42.026.960 quanti hanno presentato una dichiarazione dei redditi nel 2023 (con riferimento all’anno di imposta precedente). A versare almeno 1 euro di IRPEF solo 32.373.363 residenti, e cioè poco più della metà degli italiani: a ogni contribuente corrispondono quindi 1,405 abitanti. 

 In dettaglio, per fasce di reddito (dichiarato):

.  fino a 7.500 euro lordi l’anno si collocano 9.330.900 soggetti, il 22,2% del totale, che pagano in media 20 euro di IRPEF l’anno (14 se rapportati ai cittadini);

.   tra i 7.501 e i 15.000 euro lordi l’anno si collocano 7.626.579 soggetti, il 18,1% del totale, che pagano in media 294 euro di IRPEF l’anno (209 euro per abitante, a fronte – a titolo esemplificativo – di una spesa sanitaria pro capite pari di circa 2.221 euro);

.  tra i 15.001 e i 20.000 euro lordi l’anno di reddito lordo dichiarato si trovano 5,4 milioni di contribuenti, che pagano un’imposta media annua di 1.761 euro, che si riduce a 1.254 euro per singolo abitante;

. tra i 20.001 e i a 29.000 euro lordi l’anno si collocano 9,5 milioni di contribuenti, con un’imposta media di 3.612 euro che, come per la fascia successiva, basterebbe di per sé a coprire i costi della sanità, ma che resterebbe comunque insufficiente guardando alle altre principali funzioni di welfare non coperte da contributi di scopo, tra cui appunto l’assistenza);                                                                                                                                  

. tra i 29.001 e i 35mila euro lordi l’anno si collocano 3.754.371 contribuenti, che pagano un’imposta media di 6.138 euro l’anno, 4.370 euro per abitante, e che pur           rappresentando l’8,93% dei contribuenti versano complessivamente il 12,17% delle imposte.        

Sommando le fasce di reddito fino a 29mila euro, si evidenzia dunque che il 75,80% dei contribuenti italiani versa soltanto il 24,43% di tutta l’IRPEF, mentre il restante 24,20% ne corrisponde il 75,57% assieme, vien da supporre, a una quota altrettanto rilevante delle altre imposte.

DETTAGLIO, PER NOI RILEVANTE, NEL DETTAGLIO   
. Sopra i 100mila euro l’Osservatorio individua solo l’1,56% dei contribuenti   (poco più di 650mila persone) che, tuttavia, versano il 23,59% del totale IRPEF.     
. Sommando loro anche i titolari di redditi lordi da 55.000 a 100mila € (che sono 1.635.728, il 3,89% del totale, e pagano il 18,11% del totale delle imposte), si ottiene che il 5,45% dei complessivi contribuenti paga il 41,69% del totale IRPEF.                             
. Includendo infine anche i redditi dai 35.000 ai 55mila euro lordi, risulta che il 15,26% paga il 63,39% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.  

La redistribuzione della ricchezza e le proposte di riforma fiscale – Sintetizzando, dall’Osservatorio emerge che da anni non ci sono variazioni sostanziali (anzi!) nella ripartizione di un carico fiscale che pesa sulle spalle di uno sparuto ceto medio, escluso invece dalla maggior parte delle agevolazioni.

 «Giusto aiutare chi ha bisogno, così come garantire a tutti diritti primari come quello alla salute – la precisazione del Prof. Brambilla – ma i nostri decisori politici tendono spesso a trascurare come queste percentuali dipendano anche da economia sommersa ed evasione fiscale per le quali primeggiamo in Europa: è davvero credibile che quasi la metà degli italiani viva con circa  10mila euro lordi l’anno?».  

Assistiamo, prosegue Brambilla, e siamo divenuti quasi indifferenti al  «Costante trasferimento di ricchezza, sotto forma di servizi gratuiti, di cui un’enorme platea di beneficiari non si rende neppure conto, anche a causa delle ripetute promesse di nuove elargizioni da parte della politica, cui fa da contraltare la continua minaccia di abolizione delle tax expenditures per i redditi più alti».  Redditi che già scontano peraltro il paradosso tutto  ’italico’  secondo il quale più tasse si pagano e meno servizi si ricevono (e viceversa): una situazione che rischia di penalizzare “quanti contribuiscono regolarmente”,  incentivando i cittadini a evadere o a sotto-dichiarare così da non rinunciare a prestazioni sociali o altre agevolazioni da parte di Stato, Regioni e Comuni.

                                                         o o o

E fra codesti “quanti regolarmente contribuiscono” che son viepiù penalizzati rientriamo certamente noi, dipendenti e soprattutto ex-dipendenti della Banca, che per via della fruizione di trattamenti di pensione etichettati di fascia media o medio-alta soffriamo da decenni di malcelati pregiudizi di avversione e delle ricadute di palesi e reiterate misure fiscali punitive.

Roma, 6 novembre 2024

Coordinamento Pensionati Mario Pinna Antonio Signorello               

 

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