La perequazione dei trattamenti di pensione nelle Leggi Finanziarie per il 2023 e per il 2024 – Pubblicata la Sentenza della Consulta: UN ‘NO’ SU TUTTI I FRONTI o anzi, e come da nessuno messo in evidenza, molto peggio di un semplice RIGETTO

Lo scorso 29 gennaio si è tenuta l’udienza della Consulta che ha deciso sul ricorso avverso le misure in materia di perequazione assunte con leggi del 2020 e del 2022 e che, in via indiretta con la prima legge e diretta con la seconda, hanno influito e pesantemente influiscono sui meccanismi della rivalutazione monetaria dei trattamenti di pensione oltre certa soglia che anche come Cida abbiamo contestato.

Il pronunciamento della Consulta non è stato di semplice rigetto delle ragioni dei remittenti, configurandosi piuttosto, per le motivazioni addotte, come rigetto radicale, tale da mettere in dubbio l’opportunità stessa di futuri analoghi ricorsi ove il presente o i futuri ‘esecutivi del Paese’ decidessero di ulteriormente replicare le misure di cauto o accelerato processo di raffreddamento della perequazione che sono state adottate negli ultimi trent’anni.

1 –  Le Conclusioni della Sentenza: (n. 19 del 2025)

LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi, dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 69, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ….  sollevate, in riferimento agli artt. 1,  3, 4, 23, 36  e 38 della Costituzione, dalla Corte dei conti … per la Regione Toscana … ;   dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 309, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025), sollevate in riferimento… agli artt. 1, 3, 4,  23, 36 e 38 Cost., dalla Corte dei conti … per le Regioni Campania e Toscana.  

Pronuncia di ‘inammissibilità’ e di ‘infondatezza’ delle questioni sollevate dai ricorsi cui i mezzi d’informazione hanno dato un minimo rilievo, lasciandone di fatto la divulgazione alle sole rappresentanze delle categorie interessate. Per le quali, essendo di nostro specifico interesse, ci limitiamo a riportare, nel riquadro a seguire, due brani tratti dall’amaro Comunicato Stampa diffuso dalla Cida subito dopo e a commento del pronunciamento.

“La sentenza della Corte Costituzionale legittima un provvedimento che penalizza migliaia di pensionati, colpendo in particolare il ceto medio e i dirigenti, coloro che hanno versato contributi per decenni. Limitare la rivalutazione delle pensioni superiori a quattro volte il minimo INPS significa imporre un sacrificio unilaterale su una precisa fascia di cittadini, mentre si continua a ignorare la necessità di una riforma strutturale e realmente equa del sistema previdenziale.” … …… “Da anni si susseguono scelte politiche miopi che scaricano sulle pensioni il peso della finanza pubblica, mentre si continua a favorire altri segmenti della popolazione con agevolazioni e trattamenti di favore. È un meccanismo inaccettabile che sta impoverendo progressivamente il ceto medio.”  

2 – Affermazioni tratte dalla sentenza esplicative di un rigetto che va molto al di là dell’apparente contingenza

   Non esiste un imperativo costituzionale di adeguamento di ‘tutte’ le pensioni

la perequazione automatica è uno strumento di natura tecnica volto a garantire nel  tempo l’adeguatezza dei trattamenti pensionistici… , nel rispetto dei principi di  efficienza e proporzionalità della retribuzione, che però non implicano un rigido parallelismo tra la garanzia di cui all’art. 38, secondo comma, Cost. [consistenza dei  mezzi assicurati quando non si sia più in grado di svolgere un’attività lavorativa]  e quella di cui     all’art. 36, primo comma, Cost.[diritto del lavoratore a una retribuzione adeguata alla  quantità e alla qualità del suo lavoro]

 la garanzia della perequazione non annulla la discrezionalità del legislatore nella determinazione in concreto del quantum di tutela di volta in volta necessario……

non sussiste, del resto, un imperativo costituzionale che imponga l’adeguamento annuale di tutti i trattamenti pensionistici …., purché la scelta contraria superi uno scrutinio di “non irragionevolezza” calato nel contesto giuridico e fattuale nel quale la misura si inserisce

–  la sentenza n. 234 del 2020 ha poi ribadito che il principale indicatore della “non irragionevolezza” dell’opzione legislativa è costituito dalla considerazione  differenziata dei trattamenti di quiescenza in base al loro importo, atteso che le pensioni più elevate presentano margini più ampi di resistenza all’erosione inflattiva

in linea con quanto ora esposto, anche la misura introdotta dall’art. 1, comma 309, della legge n. 197 del 2022 non risulta rompere gli argini fissati da questa Corte a garanzia dei principi presidiati dai parametri costituzionali evocati

va evidenziato che il modulo di “raffreddamento” qui in esame [e cioè quello sancito dalla legge finanziaria per il 2023, oggetto del nostro ricorso] si rivela meno severo della maggior parte di quelli oggetto degli interventi legislativi, [elencati in altro punto della Sentenza, il n. 7] che pure hanno già superato il vaglio di legittimità costituzionale da parte di questa Corte. In particolare,… non è stato applicato (come invece avvenuto nella precedente occasione…)  alcun  “contributo di solidarietà” aggiuntivo

il congegno normativo in discorso salvaguarda l’integrale rivalutazione delle pensioni di più modesta entità,… senza escluderne nessuno dalla rivalutazione. Quest’ultima, infatti, viene prevista  – sebbene in percentuali ridotte, ma non certo simboliche – anche per i trattamenti di più elevata entità

I risparmi nel tempo conseguenti alle misure restrittive adottate 

– le ragioni delle scelte legislative in rapporto alla situazione generale della finanza pubblica emergono chiaramente dalle relazioni, sia illustrativa sia tecnica, che accompagnano il disegno di legge di bilancio per il 2023 … Sempre la relazione illustrativa specifica che il meccanismo di indicizzazione delle pensioni qui scrutinato consente una minore spesa che «al netto degli effetti fiscali» è «pari a circa 2,1 miliardi nel 2023, 4,1 miliardi nel 2024 e 4 miliardi nel 2025». … A sua volta, la relazione tecnica chiarisce che «tali economie strutturali     concorrono al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, — … gli effetti della misura… si proiettano anche al di là dell’orizzonte triennale della manovra, …[determinando] «economie in termini di minore spesa pensionistica» previste fino all’anno 2032 e ammontanti, al lordo degli effetti fiscali, a circa 54      miliardi di euro

Altri interventi ‘meritevoli’ finanziati con quei risparmi

la relazione illustrativa del disegno di legge, peraltro, individua anche ulteriori interventi che la misura in esame contribuisce a finanziare.

 Alcuni di essi si collocano nel medesimo ambito previdenziale, … …    Altri interventi, pur estranei al circuito previdenziale, rientrano comunque nel più  ampio settore “lavoro, famiglia e politiche sociali”:…  [tra i quali interventi, quelli in  materia di assegno unico universale, indennità per congedo parentale, misure di sostegno alla povertà …  eccetera]

Si tratta di interventi che non possono essere qualificati «di minore pregnanza costituzionale»Essi perseguono finalità che rientrano nella piena discrezionalità del legislatore, il quale può «stabilire nel concreto le variazioni perequative dell’ammontare delle prestazioni, attraverso un bilanciamento di valori che tenga conto anche delle esigenze di bilancio, poiché l’adeguatezza e la proporzionalità del trattamento pensionistico incontrano pur sempre il limite delle risorse disponibili» (sentenza n. 234 del 2020).

–  la misura in esame, per come congegnata, risulta rispettosa dei parametri evocati, anche se costituisce l’ultimo anello di una catena di interventi analoghi che ha registrato poche soluzioni di continuità nel tempo.

Non v’è correlazione tra ‘contributi versati’ e ‘meccanismi perequativi’ 

– per i rimettenti sarebbe lesa, altresì, la «dignità del lavoratore in quiescenza», la cui pensione più alta rispetto alla media verrebbe considerata «alla stregua di un mero privilegio». A questo proposito, è invece da escludere che i moduli di rallentamento della indicizzazione … disconoscano il valore della qualità del lavoro prestato. L’attenzione a quest’ultimo profilo è già espressa, invero, nella liquidazione in misura più elevata del trattamento pensionistico al momento del collocamento a riposo. … [ma] fermo restando che il nesso di certo sussistente tra ammontare dei contributi versati  e  liquidazione della pensione NON deve necessariamente condizionare anche i meccanismi perequativi del trattamento…

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Il riportato florilegio di passi tratti dalla Sentenza della Corte non lascia alcun dubbio che, ad avviso del Giudice di legittimità, nel nostro Ordinamento l’organismo abilitato a decidere in materia di perequazione dei trattamenti di pensione (il Governo) non ha, di fatto, alcun vincolo che non sia da esso derogabile.  Come avvenne con l’esecutivo Renzi che, a fronte di una ‘raccomandazione’ della Corte, simulò, con successiva approvazione della Corte, di conformarsi alla ‘raccomandazione’ con l’espediente di riconoscere ‘formalmente’ un adeguamento a tutti i trattamenti, quantunque insignificante (ma pur sempre ‘adeguamento’) per i trattamenti di fascia medio-alta.

Di fatto, e sulla base dell’odierno pronunciamento della Consulta, la tutela nel tempo dei nostri trattamenti di pensione ha bensì dei riferimenti costituzionali, ma riferimenti non meritevoli di tutela inderogabile, dipendendone la trasposizione nel concreto dalla compatibilità con la miriade di priorità che a volta a volta possono essere invocate dai Governi del momento. 

Una interpretazione dei principi costituzionali che con riferimento alla perequazione per i trattamenti di pensione di fascia medio-alta porta alla negazione dell’esistenza di alcun diritto, declassato a livello di ‘obiettivo’ da conseguire compatibilmente con le disponibilità di bilancio.

 Con la conseguenza, di cui la Corte pure avverte l’ingiustizia, di un progressivo svilimento dei trattamenti di pensione oltre certa soglia, devastante in tempi di elevato degrado monetario.

Di qui alcune considerazioni o raccomandazioni presenti nella sentenza di gennaio a memoria degli  ‘Esecutivi’ o Governi di domani, sulla cui congruenza ed efficacia esprimiamo però fondati i nostri dubbi.

 Infatti le odierne raccomandazioni della Corte, del tutto simili a quelle formulate in occasione di numerosi altri suoi pronunciamenti, non forniscono alcuna garanzia di ravvedimento né da parte dei Governi per ciò che attiene alle future misure in materia di perequazione dei trattamenti né da parte della Corte stessa, ove chiamata a esprimersi su quasi certe successive reiterate inosservanze.

Riportiamo comunque qui a seguire, per quanto convinti della loro futura irrilevanza, le non vincolanti considerazioni o raccomandazioni ai Governi del Paese contenute nella Sentenza della Corte di cui stiamo ora riferendo.  

3 -Passi della Sentenza della Consulta n. 25/2025 che ipotizzano o auspicano un diverso futuro atteggiamento dell’Esecutivo nella materia della perequazione

È sempre indispensabile, tuttavia…   che le misure di sospensione e di blocco del meccanismo perequativo siano limitate nel tempo (secondo un monito risalente alla sentenza n. 316 del 2010), ferma restando la necessità di scrutinare ciascun provvedimento nella sua singolarità e in relazione al quadro storico in cui esso si inserisce (sentenza n. 250 del 2017).

A maggior ragione i parametri evocati risultano rispettati allorquando anche i trattamenti più elevati beneficiano di una sia pur ridotta perequazione.

Nulla esclude, peraltro, che il legislatore possa tener conto della perdita subita, nel calibrare la portata di eventuali successive misure incidenti sull’indicizzazione dei trattamenti pensionistici.

 Questa Corte… , non può tuttavia esimersi…  dal sottolineare i vantaggi che deriverebbero da una «disciplina più stabile e rigorosa» del meccanismo di perequazione delle pensioni.

A tale proposito, fermo restando che il nesso di certo sussistente traammontare dei contributi versati  e  liquidazione della pensione NON deve necessariamente condizionare anche i meccanismi perequativi del trattamento, pur tuttavia è auspicabile che, in un futuro ormai sempre più prossimo, per la categoria di pensionati da ultimo citata l’approccio legislativo possa essere diversamente calibrato.

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Proposizioni per le quali ci auguriamo che il tempo smentisca il nostro motivato presente disincanto.

 Roma, 26 febbraio 2025

Per il COORDINAMENTO PENSIONATI  e i Referenti Caferri e Cinque – Mario Pinna