Mercoledì la Banca ha inviato a tutto il personale il documento relativo allo “Sviluppo delle funzioni e adeguamento degli assetti della rete territoriale”, dopo averlo presentato ai Direttori di tutte le Filiali nella giornata del 24 settembre.
Dopo diversi anni di riflessioni, approfondimenti, ripensamenti, abbiamo quindi finalmente una base che individua gli obiettivi dichiarati dall’Istituto: il modello organizzativo disegnato ha lo scopo, fra l’altro, di “valorizzare la presenza della Banca sul territorio” e di “potenziare la rete territoriale con modalità che consentano di adeguarsi alle evoluzioni del contesto e delle funzioni istituzionali”.
Il documento, poi, individua una serie di interventi, da attuarsi in un arco temporale superiore a un anno, che vanno dalla chiusura di due filiali, all’accorpamento di diverse divisioni e all’apertura di altre, al ridisegno delle competenze di quasi tutti i punti della rete. Manca però, a nostro avviso, la chiara definizione del ruolo della rete territoriale e della rilevanza che l’Istituto riconnette alle Filiali e alle attività che svolgono sui territori di riferimento. Manca l’espressa enunciazione dell’importanza del valore della prossimità alle istituzioni, all’utenza, agli intermediari, alle imprese, alle associazioni di quei territori.
Anzi, in diversi punti sembra quasi volersi implicitamente affermare un principio opposto: se, da un lato, si sostiene che la presenza sul territorio “consente di acquisire una conoscenza più approfondita delle realtà economiche e sociali del Paese”, ampiamente diversificate da regione a regione, dall’altro prosegue il processo di concentrazione delle attività (e delle relative responsabilità) in sempre meno punti della rete (si pensi, ad esempio, alla vigilanza prudenziale), e già si ipotizza di distribuire le funzioni che verranno decentrate, ad esempio, in ambito di vigilanza di tutela “superando il principio della competenza in via esclusiva sulla base della sede dell’intermediario”. E il valore delle informazioni soft che possono derivare dalla presenza sul territorio e dalla migliore conoscenza di alcune dinamiche? Ci si rinuncia in partenza?
Stesso discorso per l’AML: davvero si intende lasciare prive di un presidio intere regioni dove, ogni anno, vengono confiscati alla criminalità organizzata beni e conti correnti per decine di milioni di euro? Anche quello, lo farà la Sede più vicina, dotata di un presidio AML. E l’effettiva conoscenza del territorio di riferimento, non viene considerato un valore importante, in questo ambito? E la opportuna, se non necessaria, periodica interlocuzione con le istituzioni locali? Non vorremmo che, anche in questo caso, l’attività che intendiamo svolgere si dovesse sostanziare nella compilazione di asettici tool e fogli excel, ottimi strumenti di supporto, ma il cui valore aggiunto, se non accompagnati da un’adeguata analisi di contesto, è quantomeno discutibile.
Su un piano più generale, si ha l’impressione che il progetto si basi su un’analisi meramente quantitativa, quasi asettica delle attività attualmente svolte dalle Filiali: questi dati, la cui affidabilità è peraltro dubbia (stiamo pur sempre parlando di Astra… i cui limiti sono noti a tutti), da un lato riflettono inevitabilmente le scelte pregresse della Banca di depauperare la rete territoriale con processi di accentramento di funzioni e, dall’altro, non possono cogliere appieno l’evoluzione delle esigenze dei territori di riferimento (che anzi, in diverse circostanze ne risulta penalizzata: vedi tesoreria, utenza, la già citata funzione AML etc), delle quali manca, nel documento, una compiuta analisi.
Questi dati, che pure possono essere utili all’analisi, non possono quindi essere l’unico (o il principale) driver delle scelte che ci si accinge a fare: le quotidiane interlocuzioni con l’utenza, gli scambi informativi con le Autorità e Università locali, le richieste e i solleciti diretti agli intermediari vigilati, le consulenze spot che continuano a essere fornite autorevolmente a ex interlocutori nell’ambito delle attività di Tesoreria, sfuggono alla fredda ricognizione dei dati di lavoro ma, in realtà, rappresentano per certi versi l’essenza dell’autorevolezza, della competenza e della disponibilità sul territorio della Banca d’Italia. È il modo in cui si “gioca” questa partita che rafforza (o indebolisce, se non compromette) la reputazione dell’Istituto, ben oltre i tanti approfondimenti interni che possono essere fatti nelle varie Strutture della Banca sulla base dei dati Astra.
Più in dettaglio, le analisi sui fabbisogni di personale appaiono quantomeno sbrigative, visto che si afferma che la rete, a regime, avrebbe un “fabbisogno complessivo leggermente inferiore rispetto all’organico attuale”: infatti, ma solo come esempio, come dovrebbe fare la rete a sopportare il decentramento di 80 intermediari per la Vigilanza prudenziale, di 600 per l’AML e di altri 600 per la vigilanza di tutela? Questi decentramenti dovrebbero poi attuarsi nei confronti di un numero minore di strutture, rispetto a quelle attualmente competenti per lo svolgimento dei compiti. Come potranno fare fronte all’aumento della massa critica, senza neanche potersi avvalere del supporto delle Filiali attualmente collegate? È ovvio che per il nostro sindacato il problema non potrà essere risolto con la proliferazione (o, peggio, la “strutturalizzazione”) del modello per cui “il collega nella filiale X lavora a tempo pieno (o quasi) per la filiale Y”, che non può essere la soluzione a regime e che porta con sé, dove già attuata, problemi significativi in termini di riconoscimento del valore dell’attività svolta (si pensi all’attribuzione dei livelli e ai passaggi di segmento).
Capiamo anche, ovviamente, l’esigenza di analizzare le Filiali in termini di costi/benefici. Nel documento si dice che negli ultimi 9 anni l’attività si sarebbe ridotta del 16%, sempre sulla base dei noti dati di lavoro. Nello stesso arco temporale, si è valutato (vogliamo azzardare, misurato?) quanto si è amplificata l’esposizione esterna del nostro Istituto? Quanto sono aumentati i rischi reputazionali? Quanto è stata effettivamente minacciata la credibilità della nostra azione (da trasmissioni televisive, pronunce giurisprudenziali, iniziative di associazioni di consumatori e utenti, articoli di giornale)? Quanto si sono accresciuti il ruolo e la posizione della Banca d’Italia nell’ambito anche della sola lotta all’illegalità, e cosa si aspettano da noi in questo settore i territori di riferimento? Noi chiediamo agli intermediari di valutare compiutamente questi rischi, in relazione ai mutamenti normativi e del contesto di riferimento. Queste analisi sono state fatte? Dove sono? Il tema è davvero sempre e solo “quanto” lavoro vogliamo o dobbiamo fare, o vogliamo cogliere l’occasione per decidere “come” lo vogliamo fare? Le filiali sono solo una voce di costo o, finalmente, verranno considerate un investimento per rafforzare l’immagine, il ruolo, l’autorevolezza, la credibilità dell’Istituzione?
Ci sono, poi, ambiti che hanno enormi spazi di crescita. Oltre al già citato AML, solo in un breve passaggio si afferma genericamente che “l’assetto delineato crea le condizioni anche per rispondere alle sfide derivanti dalla possibile integrazione dell’IVASS”. Si è pensato, al riguardo, che assieme alla probabile (e prossima) integrazione, bisognerà finalmente istituire l’Arbitro Assicurativo, figura voluta dal legislatore nel 2018, ancora da istituire? Ne stiamo iniziando ad ipotizzare le ricadute, in termini di volumi operativi e reputazionali? Quanti ricorsi si stima di ricevere? Chi li lavorerà?
Crediamo, inoltre, che la rete territoriale, al di là dei (discutibili) ragionamenti su masse critiche e dati di lavoro, debba trovare voce e rappresentanza non certo, solo, con alcuni Direttori che parteciperebbero a Comitati comunque “AC-centrici”, ma attraverso l’istituzione di un comitato che rappresenti la rete territoriale, nei vari ambiti, come un’unica entità e nel quale le problematiche e le soluzioni vengono discusse e messe a fattor comune.
Nel documento, il confronto con le organizzazioni negoziali viene “relegato” agli “interventi gestionali di carattere straordinario da mettere in campo”: leggasi, misure di accompagnamento, trasferimenti straordinari, altri aspetti economico/regolamentari. Ovviamente, il nostro sindacato farà la sua parte, su tutto quello che è negoziale. Non passa certo inosservato, poi, che il documento prevede una riduzione anche in termini di posizioni funzionali, quindi sarà nostra specifica cura impegnarsi a garantire a tutti i colleghi che non vengano disperse le competenze professionali fin qui acquisite nei ruoli ricoperti, e vengano offerte possibilità di sviluppo motivanti e credibili.
Il Sindirettivo-Cida, però, non vede il proprio ruolo come limitato a interlocutore dell’Amministrazione agli aspetti obbligatoriamente da negoziare. Noi siamo convinti di poter offrire il nostro contributo anche per aspetti organizzativi e per le decisioni che poi verranno assunte in concreto: c’è la responsabilità delle scelte, che è solo della Banca, e c’è il processo decisionale, dove immaginiamo di poter partecipare apportando un contributo qualificato.
Ci permettiamo di osservare che il progetto non è certo focalizzato su aspetti “marginali”. Presuppone, per la sua attuazione, interventi ampi e articolati, che giustamente vengono collocati, per complessità e rilevanza, in un arco temporale che arriva fino all’inizio del 2026.
Perché un progetto di così ampia portata possa anche essere un progetto di successo è necessario che vi sia condivisione da parte dei suoi principali attori, che sono proprio le professionalità presenti nella rete, troppo spesso sottovalutate e messe in disparte.
Occorre, perché sia condiviso, basare e argomentare le scelte non tanto su dati crudi e asettici, che dipingono un mondo molto lontano, nei fatti, da chi lo vive quotidianamente. Occorre dare prospettive, occorre riconoscere il ruolo, occorre finalmente capire che la reputazione e la credibilità del nostro Istituto sono inscindibilmente legati a quello che i nostri territori di riferimento legittimamente si aspettano da noi e dalla nostra azione.
Anche su questo, il nostro Sindacato non si tira indietro ed è disponibile a confrontarsi con l’Amministrazione per fornire il proprio contributo su tutti i punti del progetto.
Roma, 27 settembre 2024